Quella notte a Ripa. Ricordando la storia

Volentieri diamo spazio ad una ricerca storica sugli avvenimenti che andremo a vedere, nella sua rappresentazione, domenica 5 ottobre.  L’inclemenza del tempo, come si ricorderà, ha fatto slittare di 15 giorni  questa rappresentazione.

La guerra franco borbonica e l’eccidio dei frati a Ripa Teatina

La guerra è sempre la stessa. Si trascina dietro morte e dolore e il prezzo più alto è pagato dalle persone innocenti.
La storia che narriamo non è diversa dalle altre guerre.
La paura genera sempre la stessa angoscia, il sangue ha sempre lo stesso colore.
La nostra vicenda inizia con la Rivoluzione Francese e con l’intento dei transalpini di esportare le grandi idee della rivoluzione.
Nel 1796 i francesi valicano le Alpi e danno inizio alla così detta “campagna d’Italia” che avrà il suo compimento nell’ottobre del 1797 con la firma del trattato di Campoformio, stipulato con l’Austria e col quale si consuma la spartizione dell’Italia.
Nasce la Repubblica Cisalpina. I francesi hanno via libera per occupare l’Italia centrale e meridionale.
Nel febbraio del 1798 l’esercito transalpino invade la città di Roma, nasce la Repubblica Romana e si dichiara decaduto il pontefice Pio VI.
Il papa è trasferito prima in Toscana, poi deportato in Francia dove morirà qualche mese dopo.
Questa azione causa la reazione dell’esercito borbonico che, appoggiato dalla flotta dell’ammiraglio Nelson riconquista la capitale. Tuttavia, la loro resistenza durò ben poco perché nella definitiva battaglia del mese di novembre, i napoletani sono definitivamente sconfitti ed il re Ferdinando IV fugge prima a Napoli e poi in Sicilia.
Prima della fuga, l’8 dicembre 1798 il re lancia il proclama al popolo abruzzese esortandolo ad impugnare le armi e difendere la loro religione e il loro re.
All’appello rispondono in molti, soprattutto ex briganti e persone in cerca di pane.
Tra questi, Giuseppe Pronio di Introdacqua, un ex brigante, famoso per il suo coraggio e la sua audacia.
Pronio, saputo del Decreto di Mobilitazione, si attiva a concentrare ad Introdacqua quanti più uomini dai paesi vicini. Si presenta al quartier generale borbonico dal Ten. Gen. De Gambs, stabilitosi in quei giorni a Sulmona. Gli offre un contingente di truppe, sia pure irregolare, ricevendo 200 fucili e 2 barili di cartucce.
Ben presto raduna intorno a sé un piccolo esercito e comincia a guerreggiare contro i francesi.
Rinvigorita da facili successi, il 3 febbraio 1799, la truppa filoborbonica tenta una sortita per liberare anche la città di Chieti, sede del Comando francese.
I massesi, così erano chiamati gli uomini in armi che combattevano per i borboni, sono scoperti quando ancora scendevano da Bucchianico verso Chieti. Fallita la sorpresa, gli uomini di Pronio presero per Ripa Teatina e vanno a rifugiarsi nel convento dei frati francescani, che allora si trovava fuori del paese.
L’esercito transalpino, ad ondate successive, tenta l’assalto al convento, ma ciò si rivela per loro una carneficina.
Alla calata del buio, i francesi sospendono la guerriglia ed i massesi ne approfittano per fuggire alla volta di Ortona.
Al mattino, quando i transalpini sfondano il portone del convento, non trovano più combattenti. Nel corridoio del piano superiore trovano sette frati in preghiera. I francesi, arrabbiati e frustrati dalla sorpresa, sfogano la loro rabbia sui mansueti frati, che cadono ad uno ad uno, crivellati sotto i colpi dei soldati.
Il convento francescano di Ripa ospitava in quel periodo otto frati. Un confratello si salvò dall’eccidio perché, essendo valido cuoco, andò ad aiutare una famiglia impegnata in un matrimonio nel vicino paese di Miglianico.
Da allora, fino ad oggi, nelle famiglie dei ripesi, si racconta che sul pavimento del convento sono ancora visibili le macchie di sangue dei frati.
Forse l’affermazione va intesa oltre il mero fatto fisico; quei segni vogliono interrogarci sul senso nefasto della guerra e sulla convivenza pacifica dell’umanità. Quelle macchie, anche se non più visibili devono invitare le persone verso il difficile percorso dell’amore e della pace.
La memoria sia viva per questa missione.

Graziano Esposito

IL PROCLAMA DEL RE FERDINANDO IV
AGLI ABRUZZESI

Roma: 8 dicembre 1798

Nell’atto in cui sono qui, nella capitale del mondo cristiano a rimettervi la nostra sacrosanta religione, che coloro i quali dicono sempre di voler rispettare, hanno distrutta e rovesciata dai fondamenti; i francesi con i quali ho fatto di tutto per vivere in pace, minacciano di voler penetrare nel Regno, per gli Abruzzi. Io accorrerò fra breve con un forte e numeroso esercito a difendervi; ma intanto armatevi ed opponete all’inimico, nel caso avesse l’ardimento di passare i confini, la più valida e coraggiosa difesa. Armatevi e marciate contro di lui. Sostenete la nostra religione; sostenete il vostro padre e re che espone per voi la propria vita e che è pronto a sacrificarla per la vostra difesa e per conservare a Voi quanto avete di più caro; la religione, e la vostra roba. Ricordatevi miei cari abruzzesi, che siete Sanniti e che avete sempre dato prova del vostro valore e della vostra fedeltà. Son sicuro che tutti, quanti siete, vi difenderete bravamente. Coraggio, bravi Sanniti, coraggio Paesani miei. Armatevi, correte sotto i miei Stendardi. Unitevi sotto i Capi Militari, che sono nelli luoghi più vicini a voi. Accorrete con tutte le vostre armi. Invocate Iddio, combattete, e siate certi di vincere.

 

One Response to Quella notte a Ripa. Ricordando la storia

  1. Ciao Elio,e un piacere leggere cose accadute tantissimi anni fa a Ripa
    Io ho fatto le scuole elementari al convento,e gia da allora ogni volta
    che venivo a scuola,ero incantato a vedere come era costruito,con quel
    chiostro,con quel pozzo ecc. ecc.L’anno scorso quando ci fu la mostra di
    Rocco Marchegiano mi trovavo a Ripa e ho speso alcune ore a rivisitare
    tutte le camere che una volta cera la scuola,Quando entrai nella stanza
    dove io ho fatto la quarta e la quinta elementare,ebbi come un nodo alla
    gola,addirittura vedevo di fronte a me il maestro CERRITELLI con quella
    BACCHETTA in mano,che ce ne dava di santa ragione a tutti senza risparmio.
    Grazie Elio perche’io conosco il convento come le mie tasce,ma non sapevo
    che cera tutta questa storia dietro.
    Umberto da Philadelphia.




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