Presepi in mostra

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Mostra di presepi dal 15 Novembre al 27 Dicembre 2009.
Organizzata dall’Associazione “Vezz Club”, l’inaugurazione si svolgerà alle ore 16:00 del 15 Novembre con la benedizione dei presepi e la partecipazione delle autorità. Inoltre sarà allestito un presepe vivente con giovani del paese.

La mostra si svilupperà nei suggestivi locali del “Castello d’Abruzzo” (ex Casa di Filippo) rinomato ristorante situato in c.da Santo Stefano, 150, in Ripa Teatina.
Il “Vezz Club” con questo evento intende mantenere la tradizione del presepe che racchiude in sé tutto ciò che idealmente rappresenta il Santo Natale, mantenendo vivi i valori Cristiani e umanitari in un momento in cui la nostra società è minacciata dal materialismo imperante e dal decadimento morale.
I bambini sono coinvolti anch’essi all’allestimento della mostra con opere proprie, per consentire loro di apprezzare e tramandare le tradizioni.
Il “Vezz Club”, associazione che conta più di 150 soci, si prefigge proprio il compito di rievocare gli eventi storici e sensibilizzare con la propria attività la parte giovane della comunità. In questa chiave ha recentemente rinnovato il direttivo inserendo tanti under 20 nelle proprie file presiedute dalla Sig.ra Gabriella Esposito.

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I numeri della lotteria

mds-09-018Estratti i numeri vincenti della lotteria di beneficenza in onore della Madonna del Sudore e di San Rocco.
1° premio 0476
2° premio 2283
3° premio 2479
4° premio 1471
5° premio 0671.

Auguri ai fortunati vincitori.

Appuntamento per San Martino

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Ecco un invito cui non si può mancare. Per tradizione, per bontà…
E’ una tradizione di cui tutti parlano per tradizione o per sentito dire ma pochi sanno l’origine del vino novello.

Il giorno di San Martino è una giornata particolare per tutti gli amanti del vino e soprattutto per chi il vino lo produce! Per quale motivo? Ebbene, in questa giornata ricade la data tanto attesa dell’apertura delle prime bottiglie di vino dell’ultima vendemmia.
Ma le bottiglie che si stappano, non contengono il vino tradizionale, ma un particolare prodotto: il vino Novello. Il Novello, è il vino nuovo, giovane, dai profumi freschi e molto fruttati, risultato di una particolare tecnica di vinificazione, che permette di ottenere questo tipo di prodotto, molto singolare nel suo genere.
Il caratteristico metodo di lavorazione delle uve che porta all’ottenimento del vino novello fu messo appunto da alcuni ricercatori francesi, ed il prodotto che ne venne fuori è stato il Beaujolais Nouveau, un vino ottenuto da un tipo di macerazione alquanto singolare, detta macerazione carbonica, che successivamente iniziò a diffondersi anche in Italia, come vino Novello, e che oggi è diventato un prodotto lavorato da tutti i Paesi vinicoli.
Il vino Novello è un vino pronto per esser consumato dopo poche settimane dalla raccolta delle uve, e questo grazie alla metodologia di produzione. Addentriamoci un po’ nel discorso e cerchiamo di sintetizzare le principali fasi della sua lavorazione.

Il vino novello si ottiene con il metodo di vinificazione della macerazione carbonica e si distingue dai vini sottoposti al processo di invecchiamento prima dell’immissione nel mercato. Oltre alle caratteristiche olfattive particolari, questo tipo di produzione dona al vino un colore particolarmente vivo, con tonalità che ricordano il porpora e un gusto dove predomina la freschezza degli aromi.
La caratteristica fondamentale di questo tipo di procedura di vinificazione consiste, infatti, nel far fermentare le uve in assenza di ossigeno. In queste condizioni, la fermentazione sarà di tipo intracellulare, cioè a carico delle cellule dell’uva.
La tecnica della macerazione carbonica consiste nel mettere grappoli di uva interi, intatti, non deraspati, per un tempo variabile da qualche ora a più giorni, dentro un serbatoio ermetico saturo di anidride carbonica.
La fermentazione carbonica, portata a termine in tempi molto brevi, consente di estrarre un buona dose di sostanze aromatiche, che conferiscono al vino il suo singolare bouquet.
Lo schiacciamento progressivo dell’uva sotto il proprio peso, facilitato dall’indebolimento della buccia, libera gradualmente del liquido nel serbatoio. Al termine di questa fermentazione si completa la pigiatura dell’uva e si lascia che l’eventuale residuo zuccherino venga trasformato in alcol in modo convenzionale.
Il vino ottenuto da processi di macerazione carbonica è un vino che matura in tempi molto brevi e deve esser consumato in un breve periodo. Questo perché mentre da un lato la macerazione carbonica consente di estrarre dall’uva profumi freschi e fruttati, dall’altro non permette di estrarre in numero sufficiente tutta un’altra serie di sostanze che garantiscono longevità al vino.

il 4 novembre a Ripa

4-novembreIl 4 novembre 1918 alle ore 12,00, aveva fine la prima guerra mondiale che vedeva contrapposto l’Esercito Italiano all’Esercito Austro-ungarico con la sconfitta di quest’ultimo.
Dopo più di 3 anni finiva quella che molti definiscono la quarta guerra d’indipendenza combattuta per riunire all’Italia le terre di Trento, Trieste e l’Istria.
Seppur quarta ed ultima guerra d’indipendenza, il conflitto iniziato il 28 luglio 1914, l’Italia vi entrò il 24 maggio 1915, in seguito all’ attentato omicida contro l’erede al trono austriaco Francesco Ferdinando, avvenuto a Sarajevo il 28 giugno 1914, è passato alla storia come “la grande guerra” perché vide coinvolte nazioni di tutti i continenti impegnati in combattimenti in Europa, Africa e Medio Oriente oltre agli oceani pacifico, atlantico e indiano.
Questa guerra fu la prima ad essere combattuta con l’impiego di armi completamente nuove come i gas, i carri armati e gli aerei che furono usati sia in combattimenti tra le opposte aviazioni e sia in bombardamenti delle linee avversarie.
Ma la Prima Guerra Mondiale fu, principalmente una guerra “di stazionamento”, sia sul fronte occidentale (franco-tedesco), quello orientale (russo-tedesco) che sul fronte Italo-Austriaco le truppe combattevano per la conquista delle trincee avversarie e solo in occasione di grandi battaglie si aveva un impiego ed uno sforzo più ampio.

Sul Fronte Italo-Austriaco la guerra vide, dal suo inizio, un alternarsi di vittorie e sconfitte in diverse battaglie. A tal proposito memorabili sono quelle note come le dodici battaglie dell’Isonzo nelle quali, sostanzialmente, non vi furono grandi cambiamenti alla situazione del fronte, ad eccezione della sesta battaglia (6 agosto – 17 agosto 1916) in cui fu liberata Gorizia e la dodicesima (24 ottobre 1917) che passò alla storia come la disfatta di Caporetto.
Ma fu proprio a seguito di questa sconfitta che l’Esercito Italiano si ricostituì formando una linea di difesa lungo il fiume Piave da dove, al comando del Generale Armando DIAZ, fermarono l’avanzata del nemico in quella che verrà ricordata come la battaglia del Solstizio (15 giugno- 23 giugno 1918) per arrivare all’ultima, decisiva battaglia quella di Vittorio Veneto (24 ottobre – 3 novembre 1918) quando le truppe italiane, con i nuovi rinforzi giunti (fra di essi vanno doverosamente ricordati quei giovani ragazzi-soldati noti come “i ragazzi del ’99”), scattano all’offensiva sul Grappa e sul Piave, grazie alla quale le truppe italiane occupano tra l’altro Trento e Vittorio Veneto, mentre alcuni corpi d’armata sbarcano a Trieste. Il fronte austriaco crolla dovunque. L’Austria-Ungheria chiede l’armistizio.

Il 4 novembre 1918, quando il generale Armando Diaz, Comandante Supremo Italiano, accettava e firmava la resa austriaca a Villa Giusti a Padova, l’Italia era finalmente unita sotto un’unica bandiera grazie al sacrificio di un esercito composto da uomini e ragazzi provenienti da tutte le parti d’Italia che, seppur ognuno parlasse principalmente il proprio dialetto, si trovarono coesi nell’intento di restituire all’Italia le terre definite irridenti, italiane ma ancora sotto il dominio straniero.

La sala e il tavolo della firma della resa austriaca Il ricordo di quella giornata che si può definire come la data di nascita dell’unità nazionale, è l’unica celebrazione che ha saputo “resistere” alle diverse fasi storico-politiche (liberale, fascista, repubblicano) che si sono susseguite in Italia da allora.

La prima celebrazione della vittoria si ebbe nel 1920 con una cerimonia al Vittoriano (Roma), che in quell’occasione venne consacrato come “Altare della Patria”; fu li che nel 1921, durante la celebrazione della ricorrenza, venne inumata la salma del Milite Ignoto. Degna di attenzione, in quanto anch’essa simbolo e testimone dell’unità nazionale finalmente raggiunta, è la figura del Milite Ignoto.
Per rendere il giusto onore e ricordo di quanti persero la vita nel corso del conflitto fu deciso di consacrarne i resti di uno di loro; furono così raccolte in diverse aree del fronte le spoglie di undici soldati italiani caduti e dei quali non si conosceva l’identità.
Ad una donna, Maria Bergamas, madre del volontario irredento Antonio Bergamas, che aveva disertato dall’esercito austriaco per unirsi a quello italiano ed era caduto in combattimento alle falde del monte Cimone il 16 giugno 1916 senza che il suo corpo fosse ritrovato, venne affidato il compito di scegliere tra di essi colui che oggi tutti noi ricordiamo e onoriamo come il Milite Ignoto. La donna venne posta di fronte alle bare chiuse e allineate nella basilica di Aquileia; dopo essere passata davanti alle prime, non riuscì ad avanzare e urlando il nome del figlio cadde al suolo davanti a una bara che venne, quindi, scelta. La bara fu collocata sull’affusto di un cannone e, accompagnata da reduci decorati al valore e più volte feriti, fu deposta su un carro ferroviario disegnato appositamente per l’occasione. Il lento viaggio in treno da Aquileia fino a Roma fu costantemente accompagnato da 2 ali di folla che al suo passaggio lanciavano fiori, pregavano o piangevano, oltre a cerimonie svoltesi nelle principali città che attraversò. Giunto a Roma fu condotto a spalla in corteo da un gruppo di decorati di medaglia d’oro fino a S. Maria degli Angeli e, il 4 novembre, all’Altare della Patria dove da allora riposa. Le altre dieci salme rimaste ad Aquileia furono tumulate nel locale cimitero di guerra. Fu in occasione della tumulazione della salma del Milite ignoto che fece la sua comparsa per la prima volta in una cerimonia ufficiale la Canzone del Piave, alternata alla Marcia reale e, in seguito, all’Inno di Mameli

La celebrazione del 4 novembre divenne giorno festivo nel calendario Nazionale dal 1922 col nome di Festa nazionale per l’anniversario della Vittoria. Nel periodo Fascista divenne mezzo per la propaganda del regime seppur messa in second’ordine rispetto alle celebrazioni proprie del fascismo. Con la caduta del regime e l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana la festa cambia nome da Festa della Vittoria a Giorno dell’Unità nazionale ponendo così maggior risalto all’unificazione del territorio iniziata con il risorgimento piuttosto che alla vittoria della guerra. Nel 1977, con la ridefinizione del calendario e delle relative festività, il 4 novembre diventa Festa dell’Unità nazionale. Già in quel periodo l’immagine delle Forze Armate risente di una crisi con varie riforme dell’Esercito e la nascita dell’obbiezione di coscienza e così, nel 1983, con l’Esercito impiegato per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale in una missione estera in Libano, il Presidente Pertini decise di risollevare le Forze Armate proclamando il 4 novembre Festa dell’Unità nazionale e delle Forze armate, definizione tutt’ora in uso.
Questa alta denominazione ha lo scopo da un lato di sottolineare l’aspetto patriottico di appartenere alla nazione italiana e dall’altro di evidenziare come le Forze armate ne siano parte integrante, fedeli alla Repubblica e alle sue istituzioni.
La festa del 4 novembre, quindi, oltre all’importanza storica che commemora, celebra l’atto finale dato dalla vittoria nella grande guerra alla formazione dell’identità nazionale nata dalla raggiunta unità delle terre italiane, e le Forze Armate che attivamente hanno contribuito alla sua realizzazione e che da allora ne sono garanti e custodi.

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